I civili in fuga dal conflitto in Afghanistan cercano un rifugio sicuro

Richiedenti asilo afgani si scaldano intorno al fuoco sull'isola di Lesbo Richiedenti asilo afgani si scaldano intorno al fuoco sull'isola di Lesbo © AP Photo/Muhammed Muheisen

Settembre 2015
Il conflitto di Kunduz ha causato la migrazione di 100.000 cittadini locali in fuga dalla distruzione massiccia di infrastrutture, dalle esecuzioni pubbliche e dagli abusi sessuali.

L’Afghanistan continua a patire atroci violenze ed instabilità in seguito all’invasione della città settentrionale di Kunduz ad opera dei talebani alla fine di settembre 2015. I talebani si sono resi responsabili della distruzione di ospedali, della liberazione in massa di detenuti, di esecuzioni pubbliche di cui sono stati vittime sia soldati che civili afgani e di abusi sessuali alle donne afgane.

La ONG Women for Afghan Women (WAW - Donne per le Donne Afgane) ha denunciato che il loro centro per le donne di Kunduz è stato depredato alle 2 del mattino costringendo la fuga di 16 donne e 15 bambini. I talebani erano alla ricerca di persone che lavorano per la ONG WAW con l’intenzione di ucciderli, ma non hanno trovato nessuno. In seguito hanno comunque ucciso chi sono riusciti a trovare, compresi il marito di una dipendente e suo figlio.

Le Nazioni Unite stimano che più di 100.000 cittadini locali sono scappati dalle violenze di Kunduz. Uno di questi, Nadra Nahrinwal, è fuggito con le sue 5 figlie, temendo che potessero diventare un obiettivo per i talebani. Le notizie delle violenze sessuali perpetuate dai combattenti armati che si oppongono al governo hanno portato Nahrinwal a scappare verso Kabul, ad oltre 240 chilometri di distanza dalla città. Egli ha espresso il suo scetticismo su Kunduz: “Il nord è fuori controllo… Non sarà mai più un posto sicuro”. Non tutti condividono, il pronostico di Nahrinwal.


Fatima è fuggita dalla città mentre era incinta di nove mesi. Ora si trova in un campo di rifugiati ad Atene, in Grecia, con la sua bimba appena nata, Mahdia. Fatima è cosciente del fatto che l’instabilità nella sua terra d’origine riduce le sue possibilità di istruzione ed occupazione, ma non permette che questo condizioni le sue aspirazioni per il futuro. Il suo obiettivo è di dedicarsi alla carriera medica ed è fiduciosa che Kunduz tornerà ad essere un posto sicuro: “Voglio che Mahdia torni lì in futuro”.

Per maggiori informazioni, visita:

http://www.UNHCR.org/561e57649.html
http://www.un.org/Apps/News/Story.asp?NewsID=52271#.VjjXbUYYGag
http://www.Reuters.com/article/2015/10/18/US-Afghanistan-Kunduz-abuses-idUSKCN0SC0NE20151018
http://www.Newsweek.com/Taliban-situation-Kunduz-Afghanistan-379667

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