Come riportato da UN News, gli operatori umanitari delle Nazioni Unite sono profondamenti preoccupati per l’uso indiscriminato di armi pesanti nelle aree residenziali dello Stato di Rakhine, in Myanmar, avvenuto durante i combattimenti tra le forze armate del Paese e l’esercito ribelle dell’Arakan.
Il portavoce delle Nazioni Unite Stéphan Dujarric ha dichiarato che le modalità utilizzate tra le parti coinvolte nel conflitto stanno danneggiando i civili e compromettono la capacità degli operatori umanitari di fornire assistenza alle persone in difficoltà.
UNOCHA riporta diversi episodi di incidenti avvenuti per l'utilizzo di granate, come quello avvenuto il 29 Febbraio scorso, durante il quale è esplosa vicino al mercato della capitale dello Stato, Sittwe, uccidendo almeno 21 civili e ferendone più di 30.
Il 9 Marzo invece, per la seconda volta in due settimane, un proiettile è caduto in una zona residenziale della città, uccidendo otto civili e ferendone altri 12, tra cui cinque bambini.
Questi incidenti aumentano con l’intensificarsi dei combattimenti; si tratta soprattutto di attacchi aerei e bombardamenti. Come dichiarato da UNOCHA, questa situazione ha provocato un’ondata di movimenti migratori forzati in tutto il Paese con più di 300 mila persone che sono diventati profughi.
Sono passati più di tre anni dal colpo di Stato militare che ha rovesciato il governo democraticamente eletto e, in mezzo a una violenta repressione di ogni opposizione e protesta, sono state uccise più di quattromila persone, tra cui centinaia di donne e bambine, con un bilancio probabilmente molto più alto. Nel Rakhine vive la minoranza Rohingya, per lo più musulmana. Centinaia di migliaia sono fuggiti di loro sono fuggiti attraverso il confine con il Bangladesh in seguito alla brutale repressione militare del 2017.
Stéphan Dujarric ricorda a tutte le parti coinvolte nelle ostilità i loro obblighi di proteggere i civili, compresi gli operatori umanitari, sulla base delle regole del Diritto Umanitario Internazionale.
Per saperne di più, vedi:
https://news.un.org/en/story/2024/03/1147472