La strada per la pace nel Darfur è ancora in salita

Mappa del Sudan Mappa del Sudan JeanUrsula via iStock

Gli abitanti del Darfur rigettano gli accordi di pace, che garantiscono impunità ai responsabili delle violenze e non affrontano le cause strutturali del conflitto.

I rappresentanti del governo sudanese ed i leader dei movimenti attivi nella regione hanno firmato nel corso degli anni una serie di accordi di pace, che sono stati tuttavia rigettati dagli abitanti del Darfur, i quali affermano che gli accordi non prevedono alcuna sanzione per i responsabili delle violenze. Di fatto, gli accordi in questione sono stati negoziati dal leader delle Forze di Supporto Rapido (RSF), un’organizzazione paramilitare creata dall’ex presidente al-Bashir per reprimere le rivolte contro il governo arabo.

Il conflitto in Darfur scoppiò nel 2003, quando le tribù locali insorsero contro il governo filoarabo di Khartoum. Il governo sudanese fornì armi e assistenza all’esercito arabo – che si sarebbe poi evoluto nelle RSF – nella lotta alle tribù africane. Vent’anni dopo, più di due milioni di persone sono state sfollate, sia internamente che nel vicino Chad, e centinaia di migliaia di persone sono morte.

L’Alto Commissario ONU per i diritti umani Volker Türk ha espresso il suo supporto per l’accordo di pace, che giudica sia vitale implementare al fine di proteggere i civili più vulnerabili che sono tuttora vittime delle violenze. Gli accordi sono stati accolti con favore anche dall’alto funzionario ONU in Sudan, che ha sollecitato la loro implementazione durante una visita in Darfur nel 2022. Gli esperti indipendenti nominati dall’ONU, d’altro canto, hanno sottolineato come “perseguire i responsabili di tali violazioni, inclusi gli alti ufficiali, è essenziale per garantire una transizione sostenibile del Sudan verso un governo civile democratico”.

 

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di Laura Maschio

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