Save the Children intraprende attività fondate sugli interessi dei bambini in Mozambico sin dal 1986, fornendo loro cibo, riparo, servizi medici e attività scolastiche. Dal maggio 2019, le operazioni di Save the Children hanno iniziato a focalizzarsi sulle specifiche esperienze vissute dai minori in Cabo Delgado, una provincia nel nord del paese dilaniata dal conflitto. In questo contesto, Save the Children ha condotto tra lo scorso 22 e 26 marzo un esperimento volto ad immortalare le prospettive dei bambini circa la loro situazione attuale, dando loro la possibilità di esprimere i loro sentimenti, paure e desideri per l’avvenire. Durante questo progetto, 184 bambini sono stati intervistati, 95 dei quali maschi e 89 femmine. Inoltre, dei 184 minori complessivi, 131 erano sfollati interni, mentre 53 vivevano in comunità ospitanti. Risulta fondamentale ricordare che tutte le interviste sono state condotte in conformità con i protocolli di Salvaguardia dei Bambini di Save the Children, secondo i quali sia i minori sia i genitori hanno prestato il proprio consenso informato per partecipare al progetto. In più, le scelte circa le domande da porre e le modalità secondo le quali condurre le interviste sono state adottate tenendo presente che i bambini coinvolti nel progetto erano stati esposti a gravi trauma; di conseguenza, tutti gli argomenti sono stati trattati con grande sensibilità e professionalità.
Per quanto concerne gli esiti della ricerca, è evidente che i bambini, nonostante riconoscano ed apprezzino il supporto offertogli, ritengono che la loro voce non sia presa in appropriata considerazione. I minori si sono rivelati preoccupati del fatto che gli operatori umanitari che lavorano presso i centri di transito/ricollocamento li percepiscano come meri recettori di beni e servizi, anzichè partecipanti attivi. Questo problema viene spesso esacerbato dalla condotta dei genitori i quali, invece di spiegare ai figli la realtà della loro situazione, ignorano o addirittura rimproverano e malmenano i bambini che gli rivolgono domande circa le loro condizioni. Inoltre, al fine di sentirsi meno impotenti, i minori hanno palesato il desiderio di prestare aiuto in casa o lavorare per supportare economicamente le proprie famiglie.
In più, i bambini hanno manifestato ulteriori perplessità circa l’efficacia del supporto offertogli finora. Le loro condizioni di salute sono preoccupantemente precarie, dal momento che devono spesso dormire sul pavimento in stanze sprovviste di zanzariere e sono costretti a bere acqua potenziale contaminata direttamente dalla sorgente (nonostante il rischio di contrarre il colera). In aggiunta a ciò, i bambini intervistati hanno evidenziato che le porzioni di cibo ricevute risultano spesso insufficienti, aumentando il pericolo di carestia e malnutrizione.
Inoltre, sebbene i bambini intervistati abbiano la possibilità di continuare i propri studi, la mancanza di materiali scolastici ed uniformi ostacola il loro percorso di apprendimento. Per di più, dal momento che questi bambini non sono formalmente iscritti presso le istituzioni accademiche che frequentano, essi percepiscono un forte sentimento di delusione ed esclusione dal resto della classe.
Alla luce di queste considerazioni, Save the Children esorta gli operatori umanitari a prestare maggiore attenzione alle opinioni dei bambini, così da farli sentire qualcosa in più che mere vittime. Questo aspetto è fondamentale, poiché il coinvolgimento diretto nei programmi di assistenza umanitaria può aiutare i minori a rafforzare la propria autonomia, determinando miglioramenti esponenziali nella loro crescita e sviluppo.
Fonti:
https://reliefweb.int/sites/reliefweb.int/files/resources/Hearing%20the%20voices%20Final_en_LWR.pdf
Autore: Gianpaolo Mascaro; Editore: Emily Herstine