Gli strumenti offerti dal Diritto Internazionale per affrontare le atrocità

Il Palazzo della Pace, sede della Corte Internazionale di Giustizia a l'Aja, Olanda. La Corte è il principale organo giuridico delle Nazioni Unite Il Palazzo della Pace, sede della Corte Internazionale di Giustizia a l'Aja, Olanda. La Corte è il principale organo giuridico delle Nazioni Unite

Rassegna web 11-17 novembre 2019 a cura di Federica Pira

1) Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) 

Il Myanmar deve affrontare accuse di genocidio dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ). La domanda, presentata dallo Stato del Gambia lo scorso 11 novembre 2019, è fondata su una presunta violazione da parte del Myanmar della Convenzione sulla Prevenzione e Repressione del Crimine di Genocidio (1948). 

Come ricordato dal Rapporto di Human Rights Watch (HRW), il Myanmar è diventato parte della Convenzione sul genocidio nel 1956. Quest’ultima consente agli Stati membri di presentare denuncia dinanzi alla ICJ, sostenendo la violazione della medesima Convenzione da parte di un altro Stato. Essa prevede inoltre che gli Stati possano cercare misure provvisorie per interrompere il persistere di tali violazioni. 

Secondo la domanda presentata dal Gambia, nell'ottobre 2016, i militari del Myanmar hanno iniziato cosiddette "operazioni di sgombero" contro il popolo Rohingya. Ed in effetti, alla medesima conclusione era giunta nel settembre 2019 la Missione Internazionale Indipendente per l’accertamento dei fatti sul Myanmar, affermando che “il Myanmar sta[va] violando l'obbligo di prevenire, indagare e attuare una legislazione efficace che criminalizzi e punisca il crimine di genocidio”. Il Consiglio dei Diritti umani delle Nazioni Unite ha quindi istituito un meccanismo investigativo indipendente per il Myanmar, con il compito di raccogliere prove sui più gravi crimini internazionali commessi in Myanmar e preparare file per eventuali future azioni penali. Il Procuratore della Corte Penale Internazionale (ICC), Fatou Bensouda, ha anche cercato di aprire un'indagine per presunti crimini contro l'umanità (quali deportazione e altri), ma un'indagine più ampia avrebbe bisogno di un rinvio da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. 

La denuncia del Gambia avvierà quindi il primo controllo giudiziario sulla campagna di omicidio, stupro, incendio doloso e altre atrocità, lanciata dal Myanmar contro i musulmani Rohingya.

 

 

Per saperne di più:

https://www.hrw.org/news/2019/11/11/gambia-brings-genocide-case-against-myanmar 

https://www.hrw.org/world-report/2019/country-chapters/burma

 

 

2)  Commissione Interamericana per i Diritti Umani (IACHR) 

Sin dal 2002, la Commissione Interamericana per i Diritti Umani (IACHR) segue da vicino l’andamento dello stato di diritto in Venezuela. Nei suoi rapporti pubblicati nel 2003 e nel 2009, l’IACHR ha infatti espresso seria preoccupazione per la continua violazione dei diritti umani nel paese, così come per il graduale deterioramento delle istituzioni democratiche. Ed in effetti il ​​Venezuela è stato incluso nell'elenco dei paesi con le situazioni umanitarie più drammatiche nelle Americhe.

La crisi ha iniziato a peggiorare nel 2016, al punto che, nel 2017, l’IACHR ha deciso di istituire Un'unità di Coordinamento per una Risposta Rapida ed Integrata (SACROI). Nello stesso anno, la Commissione ha anche redatto un terzo rapporto sul paese, questa volta intitolato "Istituzioni democratiche, Stato di diritto e diritti umani in Venezuela". Il documento fornisce una dettagliata e ampia documentazione della situazione in Venezuela e analizza come il profondo indebolimento delle istituzioni democratiche abbia influito sul godimento da parte della popolazione venezuelana dei propri diritti umani. Il Rapporto documenta inoltre l'allarmante aumento della repressione, della tortura, delle morti per mano di agenti statali, della reclusione per motivi politici, della violenza e della sicurezza dei cittadini, tra gli altri fattori. 

In relazione a questa drammatica situazione, l’IACHR ha finalmente annunciato la creazione del Meccanismo Speciale per il Venezuela (MESEVE), al fine di rafforzare l'uso dei propri meccanismi di protezione e monitoraggio, e di rispondere in modo efficace e tempestivo alle nuove sfide poste dalla grave crisi dei diritti umani nel paese. In particolare, MESEVE sarà responsabile di seguire da vicino la situazione nel paese, al fine di valutare le richieste di misure precauzionali e dare seguito a quelle che vengono concesse; monitorare attentamente la situazione dei diritti umani nel paese, attraverso i suoi diversi meccanismi, e rafforzare le capacità di tali meccanismi; monitorare la situazione dei migranti venezuelani; documentare sistematicamente le violazioni dei diritti umani, dare seguito alle raccomandazioni dello IACHR e contribuire a rafforzare le organizzazioni della società civile; fornire assistenza, servizi di consulenza e informazioni sulla situazione dei diritti umani in Venezuela, quale parte del proprio ruolo di organo principale dell'Organizzazione degli Stati americani (OAS). 

Il relatore per il Venezuela, il Commissario Francisco Eguiguren, ha spiegato che "nell'ambito del lavoro di MESEVE, lo IACHR redigerà due relazioni: una sulla situazione dei diritti umani nel paese e un'altra sulla migrazione forzata dei venezuelani".

 

 

Per saperne di più:

http://www.oas.org/en/iachr/media_center/PReleases/2019/267.asp

  

 

3) Corte Penale Internazionale (CPI) 

Bosco Ntaganda, l’ex leader ribelle Congolese la cui crudeltà e violenza gli valsero il soprannome di Terminator, è stato condannato a 30 anni per crimini di guerra e crimini contro l'umanità. 

Come ricordato da The Guardian, Ntaganda è stato, nel 2002 e nel 2003, leader chiave della milizia nella provincia di Ituri, oltre ad essere il primo sospettato ad essersi sottomesso – volontariamente - alla giurisdizione della Corte Penale Internazionale (CPI) sei anni fa. All’epoca, infatti, Ntaganda fece ingresso nell'Ambasciata Americana nella capitale del Ruanda, Kigali, chiedendo di essere inviato alla CPI con sede all'Aia. Gli esperti ritengono in realtà che Ntaganda si sia arreso temendo il proprio assassinio dopo il crollo del movimento M23, un gruppo di milizie ribelli che Ntaganda era accusato di guidare. 

I Procuratori della CPI si sono quindi concentrati su due attacchi specifici che hanno coinvolto la milizia di Ntaganda: l'uccisione di 49 persone massacrate in un campo di banane con "bastoni, manganelli, coltelli e machete"; e la violenza scoppiata nel 2008, che ha portato alla morte di almeno altre 150 persone. Il 07 novembre 2019, l'ICC ha quindi condannato Ntaganda, noto signore della guerra della Repubblica Democratica del Congo, per 18 accuse tra cui omicidio, stupro, schiavitù sessuale e uso di bambini-soldato. La condanna per schiavitù sessuale è la prima nella storia della CPI.

 

  

Per saperne di più:

https://www.bbc.com/news/world-africa-50329503

https://www.icc-cpi.int/Pages/item.aspx?name=pr1494 

https://www.theguardian.com/law/2019/nov/07/drc-militia-leader-bosco-ntaganda-terminator-30-years-war-crimes-icc

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