Armenia

Rapporti

11 Novembre 2018

Questa è una presentazione del report "Protezione della popolazione civile palestinese", rilasciata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 14 agosto 2018.


Ad agosto 2018, l'Assemblea Generale dell’ONU ha commissionato un rapporto al Segretario Generale circa lo stato di Protezione della popolazione civile palestinese.

In passato, l'Assemblea Generale ha più volte affrontato la questione palestinese. In Palestina, l'ONU impiega circa 800 dipendenti oltre a presidiare il territorio con L'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA), dispiegati allo scopo di garantire la sicurezza, protezione e benessere della popolazione civile palestinese in territorio israeliano. La soluzione ottimale per raggiungere l’obiettivo prefissato consisterebbe nel raggiungimento di un accordo duraturo e giusto tra le parti coinvolte.

 

Il ruolo che l'ONU ha rivestito fino ad ora ha mirato a ridurre il rischio di un conflitto militare con potenziali implicazioni regionali, a sostenere l'Egitto nel realizzare la riconciliazione intra-palestinese e ad alleviare i motivi di risentimento alle radici del conflitto. In primo luogo, le attività dell’ONU si fondano sulla diplomazia: incentivano la “mediazione” e si pongono l’obiettivo di ridurre le tensioni e prevenire nuove ed ulteriori escalation di violenza. Ne consegue un forte impegno alla formazione di network con i gruppi religiosi e con la società civile per combattere la radicalizzazione e l'estremismo. Gli sforzi dell’ONU sono anche volti a sostenere lo stato palestinese ed il suo sviluppo istituzionale, fornendo e coordinando gli aiuti umanitari. Inoltre, vengono offerte difesa e protezione legale alla popolazione, anche attraverso attività di monitoraggio, reporting e advocacy, elaborazioni di dati e analisi sulle minacce ai palestinesi, e pubblicazioni di avvisi in tempo reale. Infine, l'ONU fornisce aiuti nei settori dell'istruzione, della sanità, dell'assistenza sanitaria, dei servizi sociali, della microfinanza e delle infrastrutture. L’Organizzazione contribuisce così all'empowerment e alla resilienza locale, intervenendo su diritti fondamentali quali servizi abitativi, idrici e igienico-sanitari, occupazione, uguaglianza di genere, protezione sociale, sicurezza alimentare e agricoltura, stato di diritto, ponendo particolare attenzione sui gruppi più vulnerabili.

 

Il rapporto sottolinea quattro tipologie di intervento a protezione dei palestinesi che l'ONU potrebbe ulteriormente implementare: protezione fisica, protezione legale, assistenza trasversale, e pubblicizzazione della protezione stessa (attraverso la presenza dei media internazionali a testimonianza della quotidianità locale). Vengono quindi proposte alcune opzioni per l’istituzione di un meccanismo rinforzato di protezione internazionale, elargibili qualora risorse supplementari venissero effettivamente fornite:

- Protezione e amministrazione del territorio sotto l’egida delle Nazioni Unite ed una maggiore presenza dell’organizzazione. A titolo esemplificativo, i coordinatori e gli analisti politici potrebbero essere impiegati in lavori di monitoraggio più approfondito e di elaborazione di relazioni e analisi situazionali;

- Garanzia di migliori aiuti umanitari e di maggiori risorse, finalizzati a soddisfare le pressanti necessità dei palestinesi;

- L’ONU, o una parte terza, potrebbe inviare osservatori civili aventi il compito di analizzare lo status di protezione e benessere, di fornire mediazione locale e monitorare gli accordi in vigore;

- Protezione fisica: sotto l’egida di un mandato internazionale, l'ONU potrebbe schierare forze armate che funzionino come deterrente ed eventualmente a garanzia di una maggiore sicurezza per la popolazione civile.

 

Le attività prospettate, tuttavia, risulterebbero oggi praticabili solamente in un clima di cooperazione e di interruzione delle ostilità. Queste condizioni sono attualmente ostacolate da tendenze negative quali l'espansione e la costruzione di nuovi insediamenti israeliani (che il report considera una violazione deliberata del diritto internazionale), l’opposizione allo sviluppo palestinese, la perpetuazione di atti di violenza così come la sua istigazione, l'assenza dell'unità palestinese, gli attacchi terroristici e la crescita dei militanti a Gaza. Infatti, il report evidenzia come nè Fatah né Hamas abbiano partecipato attivamente ai tentativi di riconciliazione, e l'istigazione al terrore e la glorificazione degli attacchi terroristici da parte delle fazioni palestinesi non solo abbia contribuito a rinvigorire il conflitto, ma abbia portato ad un peggioramento della situazione umanitaria ed economica locale. Un'altra fonte di preoccupazione è il progressivo venir meno dello spazio a disposizione delle organizzazioni della società civile e dei difensori dei diritti umani. Israele infatti, continua ad imporre nuove restrizioni al loro intervento.

Infine, il Segretario Generale chiede una maggiore assunzione di responsabilità nei casi di violazione del diritto internazionale umanitario ed un incremento di contributi finanziari e di sostegno politico da parte degli Stati membri. È ritenuto di vitale importanza che il controllo di Gaza ritorni nelle mani del governo dello Stato palestinese e che si concretizzi un nuovo equilibrio, fondato sulla pace, la sicurezza e il reciproco riconoscimento, tra due Stati vicini.

 

 

Report originale disponibile al seguente link:

https://documents-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N18/259/01/PDF/N1825901.pdf?OpenElement