L'insurrezione armata del Mozambico ha inizio nell'ottobre 2017, alimentata dalla rabbia per la corruzione dello Stato e da una forte opposizione all'Islam. Il movimento popolare si nutre del risentimento locale per la povertà della regione. Cabo Delgado, difatti, è ricca di risorse minerarie, ma le comunità locali - in particolare la maggioranza musulmana Mwani e Makua - sono state in gran parte escluse dalle opportunità economiche.
Nel corso di questi cinque anni, il conflitto è cresciuto di intensità. I militanti, conosciuti localmente come Al-Shabab, hanno inflitto una serie di sconfitte segnate dall'esecuzione di civili, dal rapimento di giovani uomini e dalla riduzione in schiavitù sessuale delle donne. Ecco che la guerra armata si trasforma in una lotta alla sopravvivenza: dal cibo, ad un rifugio e alla mancanza di beni di prima necessità.
Gli sfollati a Cabo Delgado sono passati ad essere da circa 172 mila a 784 mila nell’arco di due anni. Più del 70 per cento di questi ora vive nelle case di familiari e amici piuttosto che nei campi di ricollocamento ufficiali gestiti dal governo, nonostante il riparo e i piccoli appezzamenti di terra offerti. È diffuso, infatti, il sospetto nella comunità di sfruttamento degli aiuti, il tutto aggravato dalla percepita mancanza di trasparenza sull'erogazione dei soccorsi.
Tuttavia, il governo ha creato l'Agenzia per lo sviluppo integrato per il Nord (ADIN) e sta cercando 764 milioni di dollari dai partner per finanziare un vasto programma di ricostruzione e rafforzamento della resilienza nelle città di Cabo Delgado, Niassa e Nampula. Ma anche qui, nonostante l'accoglienza generale riservata agli sfollati, le tensioni crescono.
Per saperne di più:
https://www.thenewhumanitarian.org/news-feature/2022/03/28/Mozambique-war-Cabo-Delgado-al-Shabab
https://displacement.iom.int/mozambique
Autore: Sofiya Dmytrivna Rinci Zubok; Editore: Sara Gorelli