Negli ultimi mesi migliaia di persone di etnia rohingya hanno abbandonato i loro villaggi nello stato di Rakhine, in Myanmar, per sfuggire agli abusi delle forze di sicurezza locali. L’elemento scatenante di questa ondata di violenta repressione, che includerebbe stupri e arresti arbitrari, è stato l’attacco a un posto di polizia lo scorso ottobre 2016 da parte di alcuni militanti rohingya. Sebbene la validità dei presunti reati da parte delle forze di sicurezza non sia stata verificata per ognuno dei casi, diverse fonti ritengono che le accuse siano credibili.
Le autorità respingono le accuse e hanno inoltre bloccato l’accesso nelle zone affette, impedendo di conseguenza la distribuzione degli aiuti umanitari. Migliaia di rohingya hanno quindi abbandonato le loro case per trovare rifugio in Bangladesh, il quale però, a ragione del notevole flusso migratorio, ha deciso di chiudere i propri confini.
I rohingya sono quindi respinti dal paese presso il quale cercano protezione e mandati indietro nel loro paese di origine, il Myanmar, che non li riconosce come suoi cittadini. Human Rights Watch ha pubblicato una testimonianza particolarmente toccante di una signora anziana attualmente residente in un campo per sfollati nell’area di confine tra i due paesi: “Nessuno ci vuole. Ci sentiamo come se avessimo commesso un peccato per il semplice fatto di essere nati.”
Per saperne di più:
http://edition.cnn.com/2016/11/24/asia/myanmar-rohingya-refugees-bangladesh/
https://www.hrw.org/news/2016/11/23/bangladesh-should-accept-protect-rohingya-refugees
http://www.irinnews.org/in-depth/denied-oppression-myanmar%E2%80%99s-rohingya-people
http://www.reuters.com/article/us-myanmar-rohingya-exclusive-idUSKCN12S0AP