Per contrastare l'influenza di un'organizzazione terroristica transnazionale è generalmente ritenuto necessario uno sforzo multinazionale. Questo assunto risulta applicabile anche nel caso della Multinational Joint Task Force (MNJTF), creata al fine di porre un freno all'avanzata di Boko Haram nella regione del lago Chad? Il rapporto pubblicato recentemente dall'International Crisis Group ‘What Role for the Multinational Joint Task Force in Fighting Boko Haram?’ sottolinea come la cooperazione fra gli stati bagnati dal lago Chad, Nigeria, Niger, Chad e Camerun, è fondamentale tanto in ambito civile quanto militare: la cooperazione multinazionale nel settore civile è di estrema importanza al fine di creare un'alternativa concreta alla militanza per Boko Haram e una riabilitazione sociale degli ex-membri dell'organizzazione, mentre, d'altra parte, la componente militare delle operazioni portate avanti dalla MNJTF si rivolge al contenimento dell'insorgenza jihadista nelle zone di confine.
Originariamente, Boko Haram è nata in Nigeria, avvantaggiandosi del malcontento popolare rispetto all'inefficacia del governo e alla corruzione politica dilagante. Nel 2013 e nel 2014, il gruppo terrorista ha stretto nella sua morsa anche il Camerun, il Chad e il Niger e dal 2015 il numero degli attacchi è aumentato notevolmente, nonostante l'attività terrorista fosse limitata alle aree di confine dei quattro stati che circondano il lago Chad. Negli ultimi due anni, la situazione è stata ulteriormente complicata a causa della frammentazione dell'organizzazione in almeno tre fazioni che alternano momenti di mutua cooperazione e competizione. Una delle fazioni più influenti è l'Islamic State in West Africa Province (ISWAP), che ha riscosso consensi fra le comunità dello stato del Borno e si è dimostrata capace di lanciare attacchi sofisticati contro obiettivi militari. Invece, il confine fra la Nigeria e il Niger è la principale area di attività di una seconda frangia di Boko Haram, la fazione Bakura, che di recente è risultata affiliata al nucleo fondante di Boko Haram, lo Jama’tu Ahlis Sunna Lidda’await Wal-Jihad (JAS), il cui principale teatro di azione è l'area di frontiera fra Nigeria e Camerun. Al momento, l'obiettivo principale di questi gruppi è la conquista del territorio del nord ovest della Nigeria e del Niger al fine di approssimarsi geograficamente ai territori in cui operano altri gruppi jihadisti del Sahel con cui alcune delle fazioni di Boko Haram vorrebbero costruire un'alleanza.
La prima forma di cooperazione fra gli stati toccati dalla minaccia terrorista consisteva in una serie di accordi bilaterali per spostamenti di truppe al di fuori dei confini nazionali. Nonostante questo, i vari antagonismi nazionali hanno impedito un reale successo della cooperazione interstatale. La MNJTF, che è stata istituita nel 1994 per contrastare le attività criminali transfrontaliere, è stata riattivata alla fine del 2014 dal momento che la minaccia jihadista aveva ripreso vigore, ma le sue fondamenta poggiano su una base di consenso molto fragile. Infatti, gli stati collocati sulle sponde del lago Chad continuano a mostrare molte divergenze in termini di prospettive e soluzioni al problema del terrorismo. Gli obiettivi principali del MNJTF sono la messa in sicurezza delle aree colpite da Boko Haram, la facilitazione dell'implementazione di programmi di stabilizzazione e di operazioni umanitarie, il restauro dell'autorità statale e il ritorno degli sfollati alle proprie abitazioni. La MNJTF ha il merito di aver rilanciato la cooperazione fra gli stati della regione che sono riusciti a frenare l'avanzata di Boko Haram nel 2015-2016, a favorirne la frammentazione in almeno tre gruppi e, nel periodo dal 2017 al 2019, sono riusciti a liberare i civili nelle zone occupate dal gruppo terrorista e ad assicurare una ricezione fluida degli aiuti umanitari. Ciò nonostante, l'efficacia della coalizione multinazionale è stata indebolita dalla resistenza di Boko Haram, da un lato, e da problemi strutturali della MNJTF, dall'altro, come ad esempio, la debolezza della catena di comando delle operazioni militari e la mancanza o la lentezza nell'invio di fondi. Inoltre, la natura sporadica delle offensive militari condotte dalla MNJTF ha creato delle difficoltà per quanto riguarda il raggiungimento degli obiettivi di rendere i territori sottratti a Boko Haram più sicuri e di dare avvio a progetti di ricostruzione e prevenzione di nuove insorgenze a livello delle comunità locali. Un'ulteriore causa della parziale inefficienza della MNJTF giace nel rifiuto di un'integrazione più profonda da parte di tutti gli stati partecipanti alla task force e nelle loro diverse opinioni rispetto alla natura stessa di Boko Haram, che è da alcuni caratterizzato come un problema prettamente nigeriano, mentre da altri è considerato un problema regionale. Ognuno degli stati attivi nella lotta a Boko Haram sembra avere lo stesso nemico ma obiettivi diversi da raggiungere. Infatti, in Nigeria il gruppo terrorista opera all'interno dei confini nazionali, mentre in Camerun e Niger Boko Haram è percepito come un problema transfrontaliero e il Chad è principalmente interessato a combattere l'organizzazione al fine di proteggere la via commerciale che lo collega al Camerun. Di conseguenza, gli obiettivi militari cambiano da una nazione all'altra muovendosi in uno spettro che va da operazioni di contenimento in regioni al di fuori dei confini a operazioni di counter-insurgency all'interno delle frontiere nazionali. In più, l'attenzione accordata dagli Stati della regione alla questione terrorista è stata instabile nel tempo, poiché Boko Haram è solo uno dei problemi che gli tali stati si ritrovano ad affrontare. I limiti operativi, come, fra altri fattori, il numero variabile di contingenti militari e la riluttanza a condividere informazioni sensibili, sono stati un duro colpo per l'efficacia delle operazioni del MNJTF.
Per concludere, il rapporto nota l'impossibilità di immaginare alcun miglioramento riguardo l'efficienza del MNJTF che prescinda da un rinnovato investimento degli stati parte della coalizione multinazionale e da un'effettiva condivisione di dati a livello di intelligence. In secondo luogo, è necessario garantire che le forze di sicurezza non si macchino più di violazioni di diritti umani nei confronti di abitanti locali, presunti membri di Boko Haram. Come raccomandato dal rapporto dell'International Crisis Group, un miglior coordinamento fra missioni civili e militari sarebbe necessario, insieme a una soluzione delle divergenze fra stati partecipanti al MNJTF, Unione Europea e Unione Africana rispetto a finanziamenti e appalti.
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Autore: Giulia Azzarone